#CollegaMENTI – Rel@zioni oltre le connessioni
Il Grande Rumore
20 aprile 2015Gli zombie in mezzo a noi e il grande rumore
Eccoci al terzo manifesto della campagna “#CollegaMENTI rel@zioni oltre le connessioni”: un uomo in gondola, chiara allusione a Venezia, una delle città più belle del mondo. Eppure gli occhi di quest’uomo non sono che per il suo notebook, indifferente a tutta la bellezza dispiegata intorno. Magari sta scrivendo agli amici «meravigliosa Venezia…». Come vogliamo chiamarlo un personaggio di questo genere? Il termine più in voga è zombie.
Gli zombie esistono e camminano in mezzo a noi, talvolta si concentrano in uno stesso luogo. A me è capitato, ad esempio, di vederli ad una messa di Prima comunione: erano i genitori il cui primo pensiero non era abbracciare i propri figli, ma scattare una foto col cellulare.
Chi scrive è un adulto, neanche molto esperto. E scrive per parlare di comportamenti nella media … non di cose da codice penale, o pericolosamente prossime al codice penale. Normale comunicazione tramite social network. E mi scuserete se riprendo il discorso dalla figura a tutti noi molto cara di don Tonino.
Senza dubbio lui non era uno zombie. Ogni tanto mi capita di andare a riprendere una delle sue prime raccolte di scritti “Alla finestra la speranza” (1988). Lo sfoglio, rileggo quei titoli, molti con un nome proprio, su qualche scritto mi soffermo. Grande il fascino che continua a promanare da quelle pagine. Ecco il loro segreto: prima viene la vita vera, gli incontri con le persone in carne ed ossa, poi la comunicazione, condivisione che arricchisce la nostra umanità.
Al contrario, chi abbia un po’ di esperienza con i social network sa bene che molto spesso i contenuti che si ripetono sono tutt’altro che originali. Non si tratta neanche di notizie di cui si vuol aumentare la diffusione. Aforismi, frasi, immagini e filmati ad effetto, oppure divertenti, per altri cinque minuti di buon umore a buon mercato. Spesso commenti a notizie vecchie o non verificate, moderne catene di Sant’Antonio. In definitiva una somma di voci, un grande rumore, che finisce per distogliere l’attenzione da ciò che invece la meriterebbe. Non si può non pensare ad un grande spreco di tempo e di energie.
Con ciò non si vogliono demonizzare i social network, tutt’altro. In una piccola esperienza comunitaria in cui sono inserito, la creazione del corrispondente gruppo Whatsapp ha rappresentato un punto di svolta, un modo economico e semplice per intensificare le relazioni, tenerle vive tra un incontro e l’altro. Anche il “banale” messaggino di auguri su Facebook, trito e ritrito, in fondo non è altro che l’erede dei vecchi biglietti di auguri e dei telegrammi che ormai nessuno usa più. L’importante non è, evidentemente, il mezzo. Ma che la comunicazione sia a sostegno della relazione, e che non la sostituisca, che una vasta rete di interessi virtuali non copra una certa povertà di relazioni, di reale coinvolgimento.
Di fronte alla rete si ritorna ingenui: un “mi piace”, una condivisione, e ci si sente parte attiva di un processo, come gettare un sasso che generi onde che si espandono sulla superficie dello stagno. Senza pensare che infiniti sono i sassi nello stagno, e le onde interferiscono senza essere intellegibili. Dunque, salvo rare eccezioni, ancora increspature indistinte, il grande rumore di cui parlavamo sopra.
Sembra, dunque, una questione di misura. Ma anche sull’uso sobrio bisogna intendersi. Da anni, parlando di nuovi stili di vita, ci ripetiamo il termine “sobrietà”. Eppure può esserci un fondo di ambiguità: stiamo attenti a non abusare dei beni, perché? perché potrebbero servirci domani, per paura del futuro, per tirchieria? Allo stesso modo potremmo chiederci che senso hanno i fioretti quaresimali? Sono forse un modo per mettere a posto la coscienza, un altro mattone che aggiungiamo alla nostra personalissima torre di Babele? Direi di no. Tenere da parte beni e risorse, il tempo anzitutto, serve per investirli generosamente quando sarà il momento, in ciò che merita (Mt 13,44-45). l’uso intelligente e moderato dei social media, almeno per noi adulti, non è solo questione di dominio di sé. Diventa l’occasione per liberare risorse ed impegnarsi a investirle in tempo per la famiglia,le amicizie, le letture (magari la Lettura per eccellenza), il servizio, oppure, semplicemente, uno sguardo attento all’altro. E poi, quando davvero serve, raccontarlo su Facebook.Lorenzo Pisani
Convegno inziale campagna Collegamenti – relazioni oltre le connessioni
13 aprile 2015Per coloro che non sono riusciti ad essere presenti al convegno di inizio campagna, qui di seguito trovate la playlist creata su youtube con gli interi interventi dei nostri ospiti.
Trasformare spazi virtuali in intrecci di sguardi e di storie
25 marzo 2015Prosegue la campagna di sensibilizzazione dell’AC diocesana che ha avviato una riflessione sui fenomeni collegati all’utilizzo dei social network, con l’intento di proporre un uso più consapevole degli stessi.
In questo secondo manifesto, dal titolo “TRASFORMARE SPAZI VIRTUALI IN INTRECCI DI SGUARDI E DI STORIE”, si vogliono accendere i riflettori sulla distanza che l’uso sconsiderato ed eccessivo di tali strumenti può determinare tra l’esperienza diretta e concreta della quotidianità e la realtà virtuale.
Vedere il mondo attraverso la mediazione di questi strumenti, comunicare con gli altri attraverso la tastiera di un tablet o dello smartphone, impedisce l’accesso agli aspetti più diretti e profondi della relazione umana.
La profondità di una relazione va, infatti, cercata e costruita attraverso la condivisione di esperienze dirette: non ci può essere amicizia senza sguardi d’intesa, pacche sulla spalla, sorrisi di accoglienza. Non ci può essere ascolto senza silenzi condivisi, lacrime asciugate, abbracci di comprensione. Non ci può essere coraggio nell’esprimere un’idea, prescindendo dal guardare l’altro negli occhi. Il timore di una risposta differente dalle nostre aspettative non può rinchiuderci in stanze di solitudini.
L’idea di perdere il contatto reale e fisico con l’altro dovrebbe spaventarci, perché rischia di diventare un precursore di assenze ingiustificate dal mondo, nell’illusione di essere sempre “in linea” con qualcuno, senza essere in rapporto, intimamente profondo, con alcuno.
Non ci si può accontentare di vedere la realtà in un video o in una foto, postate da chissà chi, ma si deve sentire l’urgenza di raccoglierla con i nostri occhi, di toccarla con le nostre mani, di sentirla vibrare nel nostro cuore.
L’uso di questi nuovi mezzi di comunicazione non può rinchiuderci in stanze illuminate, ma senza calore. Non può e non deve toglierci il gusto di andare incontro all’altro nelle strade, nelle piazze, negli oratori delle nostre città. La gioia dello stare insieme ci dia il desiderio di camminare per “spalancare la finestra del futuro progettando insieme, osando insieme,..” (don Tonino Bello, La Lampara) e tenendoci per mano e guardandoci negli occhi, non verificando semplicemente di essere “in linea”.
Chiara De Palo
Comunicare è… dare significato alla condivisione come al privato
5 marzo 2015Anche quest’anno l’AC diocesana propone un’iniziativa finalizzata ad una consapevolizzazione circa la possibilità di adottare, nel nostro quotidiano, nuovi stili di vita. Con una serie di manifesti si vuole focalizzare l’attenzione su alcuni fenomeni collegati all’utilizzo dei social network e , in generale, delle nuove tecnologie.
Il primo manifesto della serie: “Comunicare è… dare significato alla condivisione come al privato“, parte dal presupposto che il gesto del condividere un pensiero, una riflessione, un video o un’immagine in rete, serve a relazionarsi, raccontarsi, esternarsi, aprendosi al confronto e all’interazione con tanti altri, diversi da noi. Tuttavia, se questa condivisione riguarda l’espressione di una esperienza intima della nostra vita, sia fatta dando il giusto peso a quanto si vuol trasmettere, altrimenti il rischio è quello che venga strombazzata ai quattro venti , a volte stravolta nel significato,riusata da chiunque, sortendo risultati difficili da controllare.
Ciò potrebbe anche indurci ad involuzioni di personalità, dunque è bene fare un uso consapevole e responsabile di questi strumenti, dando spessore a quanto condividiamo, cercando di mantenere una certa coerenza di stile e di contenuto.
Le piazze virtuali sono pur sempre piazze. Certo, potrebbero dimostrarsi luoghi molto opportuni per una testimonianza autentica e coraggiosa, per uno scambio costruttivo ed efficace, anche per quanto attiene le domande di senso che ciascuno di noi porta nel cuore. Ma è pur vero che non sempre e in ogni occasione è il caso di mettere in piazza la nostra intimità, raccontare un privato che, proprio perchè tale, deve rimanere custodito e conservare una dimensione altra rispetto al “pubblico”, meno esposta e più riservata, maggiormente protetta, da rendere nota solo a chi davvero condivide con noi la quotidianità dell’esistenza.
“Comunicare è dare significato alla condivisione come al privato”, quindi, dovrebbe diventare un leitmotiv per ciascuno di noi. Uno stimolo a vivere le piazze virtuali con maggiore responsabilità, facendo in modo che questa occasione di libertà di espressione possa migliorarci e non distruggerci.
Scriveva Albert Camus che la libertà è quella possibilità che ci consente di diventare migliori. A noi il compito di esercitare tale possibilità utilizzando i nuovi media come mezzi di liberazione e non di schiavitù.
Isa Campanale
Via ufficiale alla campagna “#CollegaMENTI…relazioni oltre le connessioni”
1 marzo 2015Ci siamo incontrati venerdì 20 febbraio presso l’auditorium “Mons. Achille Salvucci” (Museo Diocesano) per dare il via alla campagna “#CollegaMENTI… relazione oltre le connessioni”, in un convegno al quale hanno fornito le loro conoscenze ed esperienze il prof. Giuseppe Mininni (docente di Psicologia della Comunicazione dell’Università di Bari) e il dott. Andrea Carnimeo (referente della Polizia Postale e delle Comunicazioni, sez. Puglia).
Nell’introdurre gli obiettivi della campagna, la presidente diocesana Angela Paparella ha subito sottolineato come a rendere buone o cattive le tecnologie sia in realtà il loro uso. Se Internet oggi permette di essere connessi in qualunque momento e con chiunque, occorre valorizzare la condivisione reale, la capacità di prendersi cura delle persone che ci stanno accanto e alle quali vanno rivolte attenzioni concrete. È proprio in questa società così abituata ad esternare tutto che è indispensabile saper proteggere la dimensione del privato.
Lo stesso vescovo, Mons. Luigi Martella, ha affermato che è impensabile ormai un mondo fuori dalla rete, proprio per questo diventa necessario saper vivere questo mondo virtuale, che è ormai un vero e proprio ambiente.
Come psicologo della comunicazione, il prof. Mininni ha fornito un quadro dettagliato della comunicazione che nasce sul web, dove è frequente parlare senza neanche ascoltarsi. Citando papa Francesco, ha ricordato come Internet sia un “dono di Dio”, in quanto strumento che ci consente di vivere la fraternità.
I mezzi di comunicazione, tuttavia, hanno carattere ambivalente. L’uomo si è convinto di poter dare un senso alla propria vita attraverso i mezzi di comunicazione che egli stesso crea. Non li si può, infatti, considerare come semplici strumenti, altrimenti ciascuno di noi ne sarebbe solo un banale fruitore, mentre si tratta piuttosto di nuovi ambienti, nuovi luoghi fatti di relazioni. Le stesse metafore usate per Internet sono ambivalenti: da una parte si ricorre al verbo “navigare” che dà l’idea del viaggio, con una certa ambiguità; dall’altra la “rete” che cattura e irradia.
La comunicazione virtuale è deterritorializzata, nel senso che non esistono più confini precisi, limitati, non c’è uno spazio delimitato entro cui si svolge. È ipertestuale e pertanto rompe gli schemi e i vincoli della coerenza, dando all’utente la possibilità di scegliere cosa leggere, approfondire e cercare. È, in ultima istanza, digitale: non è più importante apprendere, quanto piuttosto documentarsi; non occorre studiare ma informarsi, sapere, essere al corrente.
Internet – e i social in particolare – offre nuove opportunità per sviluppare una cultura della partecipazione (quanti di noi sentono una maggiore libertà ad esprimere il proprio punto di vista su un social network?). tutto ciò comporta, però, un sovraccarico cognitivo ovvero una distanza fra ciò che è possibile e ciò che è effettivo e questo ingenera negli utenti un senso di frustrazione, oltre a implicare una certa frammentarietà, perché «non si può accedere più a un tesoro comune.»
Il prof. Mininni sottolinea un ulteriore rischio: la possibilità di abbattere la storia, nonché il senso della narrazione, in quanto ciò che conta è l’attimo, il presente, non più il lavoro di ricostruzione dei processi storici. Si piò dar vita, così, a identità destrutturate. Attraverso Internet ci illudiamo di poter esercitare un controllo pieno su tutto e su tutti.
A seguire, il dott. Carnimeo ha presentato i dati inerenti il rapporto tra minori e nuovi mezzi di comunicazione. Questi sono spesso gli unici (e non affidabili) strumenti di apprendimento di modelli educativi. Con troppa ingenuità oggi si ha l’abitudine di rendere pubblica la nostra vita: basta postare foto e commenti per rischiare di incrinare la nostra reputazione, perché «oggi siamo quello che mostriamo sulla rete».
Le dipendenze da Internet possono riguardare sia minori che adulti, indipendentemente e per fattori diversi. In un esperimento condotto in Belgio, si è fatto credere ad alcune persone che una sorta di mago conoscesse nel dettaglio le loro vite. Davanti all’incredulità dei soggetti presi in considerazione, si è poi svelato l’arcano: tutte le informazioni erano semplicemente state ricavate visionando i loro profili facebook. Ecco perché è fondamentale porre attenzione a quanto di noi lasciamo in rete, anche perché di tutto resta traccia.
Oggi in tanti vengono adescati e ricattati proprio attraverso Internet. Ogni nostro gesto, anche involontario, può ritorcersi contro noi stessi. «Ci stiamo abituando ad essere soli, ma con gli altri» ha sostenuto il funzionario della Polizia Postale. Altra problematica: i reati tradizionali si stanno spostando sul web, per questo sono necessarie attività di monitoraggio da parte delle autorità competenti.
Due dei fenomeni che si stanno maggiormente diffondendo sulla rete sono il sexting, cioè lo scambio di materiale pedo-pornografico, che coinvolge molti adolescenti e il cyberbullismo. Ciò che preoccupa è la naturalezza e l’immediatezza con cui tanti minori abusano del proprio corpo e della propria dignità. È il caso, allora, di ribadire il valore dell’altro e di se stessi.
È un mondo in cui creiamo relazioni virtuali, ma stiamo diventando incapaci di comunicare tra noi, con chi è accanto. Sono sempre più frequenti, infatti, scene in cui gruppi di amici si incontrano al bar, ma ciascuno ha la testa abbassata a maneggiare il proprio cellulare. Sono scene desolanti, quasi disumanizzanti. Forse è il caso di invertire la rotta. Con questa campagna, vogliamo provarci!
Susanna de Candia