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Martedì 16 luglio, ore 2024
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Un’AC senza confini

Non capita spesso di essere contattato da un ufficio del Municipio perché da Rapone stanno cercando un rappresentante di AC nella città di Ruvo. Ancora più insolita è la richiesta di presenziare ad una commemorazione di una concittadina che negli anni trenta, in questo paesino nel cuore dell’Apennino Lucano, al confine tra Basilicata e Campania, ha fondato un circolo di Azione Cattolica tutt’oggi vivo evegeto. Una distanza di anni e di chilometri che sembra renderti estraneo a questi eventi se non fosse per quel denominatore comune che rappresenta l’appartenenza associativa che dissolve le nebbie del tempo e dello spazio.Inizia così un’indagine presso gli archivi dell’anagrafe, tra schede ingiallite dal tempo e libroni conservati in storici raccoglitori per dare una identità precisa a questa signora.Maria Carmela De Palo (1904-1972) nasce a Ruvo e negli anni 30 si trasferisce, per ragioni di lavoro, prima a Rapone, poi a Lavello. La zona dei laghi di Monticchio, per intenderci. Una intraprendente insegnante che animata da autentica passione cristiana ed associativa non si rassegna alla possibilità di mettere su un circolo affiliato alla Società della Gioventù Cattolica Italiana. Un’impresa resa difficile da tante avversità, dalla condizione di sudditanza e subordinazione della donna, all’avversione del fascismo nei confronti dell’Associazione. Ma le ricerche non si limitano al solo aspetto anagrafico e divengono anche storiografiche. Per comprendere il contesto storico-associativo nel quale Maria Carmela è vissuta, andando qualche decennio un po’ più a ritroso, ecco imbattersi in una originale lettera pastorale di Mons. Luigi Bruno, vescovo di Ruvo nel periodo tra il 1884 ed il 1893 che poco prima della sua scomparsa ribadiva i suoi “più volte rinnovati tentativi permettere insieme e fondare una qualcheduna delle diverse Associazioni, così chiamate, cattoliche. Mi sarei accontentato di un Circolo parrocchiale e ho sempre e dappertutto incontrato opposizioni insuperabili. Sono queste resistenze ed apatie le vecchie miserie delle nostre Puglie sì ricche!”. Le “resistenze” ed “apatie” si riferiscono al clero ed ai laici del tempo ed ecco che senza volerlo scopro di aver espresso lo stesso concetto nella relazione di fine triennio scorso quando evidenziavo che a Ruvo, “laici e presbiteri non hanno ancora ipotizzato di avviare un cammino congiunto, organico e costruttivo, verso quel fine generale apostolico della Chiesa in quanto i laici stentano a mettersi in gioco, a spendersi, a dare dimostrazione di credibilità; i presbiteri non investono, non concedono spazi di manovra, non si aprono a nuove frontiere”. Esiste ancora oggi a Ruvo un retaggio che ci portiamo dietro da tempi ancestrali che potrebbero indurci alla rassegnazione ed alla sfiducia se non fosse per queste prese di coscienza che offrono una diversa chiave di lettura: solo con la passione mostrata da figure come quella di Maria Carmela possono dissiparsi resistenze ed apatie che non fanno crescere l’Associazione e la Chiesta tutta. In questa parentesi temporale di 120 anni sicuramente l’Associazione è stata foriera di figure di grandi carismi come quella, non unica, di Maria Carmela. Una passione che non ci è dato di conoscere se non attraverso i racconti degli occhi illuminati di profonda commozione delle nostre aderenti più “brizzolate”, fiere ed entusiaste di aver conosciuto questa signora “amabile, raffinata, sorridente, buona, generosa” tanto che il dott. Lorusso, direttore del 1° Circolodi Ruvo dove Maria Carmela insegnava era solito affermare “quando vado nella classe della Sig.na De Palovado a rilassarmi perché il sorriso della signorina mi rinfranca”.Ciò accadeva negli anni seguenti il 1947 quando Maria Carmela ritornava a Ruvo e qui continuava a coltivare la sua passione associativa alla testa di quelle donne che oggi la ricordano con la dedizione e l’ammirazione che si riservano a figure di grande carisma.Come a Ruvo coloro che l’hanno conosciuta ne hanno ereditato passione e tenacia, così anche a Rapone unavigorosa e brillante presidente di AC (l’unica per un paesino di circa mille anime) ha pensato di scavare nelle pieghe del passato per ricostruire una storia iniziata 80 anni fa. Ed a questa storia hanno voluto che la nostra città vi prendesse parte riservandoci l’onore di presenziare alle celebrazioni di questo ottantesimo compleanno insieme al parroco del paesino, il vescovo mons. Todisco ed il presidente diocesano di AC delladiocesi di Melfi-Rapolla-Venosa.Un vero ed autentico momento di fraternità e condivisione per celebrare un intreccio di vite, esperienze e speranze che vanno oltre il tempo e lo spazio amalgamate dal senso di appartenenza ad un’Associazione che non conosce confini.

Vito Lamonarca

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