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Sabato 21 dicembre, ore 2024
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Il Dio che viene – Recensione

Ho letto la prima volta Il Dio che viene di Carlo Carretto (ed. AVE) negli anni dell’adolescenza, quando, animatori e parroci, accompagnandosi in maniera discreta ma efficace alla crescita umana e spirituale dei ragazzi, non mancavano di suggerire e fornire contenuti di sostanza su cui poi si imbastivano lunghe chiacchierate spirituali. E quei contenuti si sono depositati dolcemente tra le pieghe di una vita in crescita e in cerca di autore, attecchendo nei tempi e nei modi propri.
Poi mi è stato regalato a conclusione del mandato di presidente parrocchiale e ora mi si chiede di recensirlo. Tutto torna, e questo è un segno.

“Carlo Carretto pubblica Il Dio che viene nel 1971, all’età di 61 anni, quando vive ormai da sei anni presso la Fraternità di Spello, dove sta elaborando una sintesi originalissima fra la stagione, impegnata ed esposta, del servizio associativo in Azione cattolica, e quella, più raccolta ma non meno intensa, vissuta a Beni-Abbes, nel deserto del Sahara, segnata da una esperienza di vita contemplativa secondo il carisma di Charles de Foucald”. Così introduce Luigi Alici la lunga e articolata prefazione che impreziosisce il volume con ulteriori chiavi di lettura.

Tredici capitoli, introdotti e conclusi, che non si leggono, devo ammetterlo, tutto d’un fiato. Non è una lettura da fare al volo. È un testo da meditare, da sottolineare e su cui soffermarsi frase per frase perché richiede una contemporanea assimilazione e un costante specchiamento della propria vita spirituale. Nella prima parte Carretto propone i paradigmi dei personaggi dell’Antico Testamento ai quali Dio si è presentato: “Dio Viene sempre, e noi, come Adamo, ne sentiamo i passi. Dio viene sempre perché è la vita e la vita ha l’esplosività della creazione”. E dopo Adamo viene per Abramo, Mosè, Elia… Viene secondo la visione poetica del Cantico dei Cantici. Tutta la storia della salvezza è la storia di un Dio che viene e che si rende presente all’uomo poco alla volta. Fino a quando viene nella carne, in Cristo. “Dio invisibile intoccabile s’è reso visibile e toccabile nel Cristo”. E Carretto prosegue: “Se è vero che Gesù è Dio, tutto è chiaro; se non riesco a crederlo, tutto ritorna nel buio”.
E qui colgo l’urgenza che ciascun cristiano si interroghi sulla propria fede. Sulla sua sostanza. Oso ancora di più: che ciascun aderente e responsabile di AC si lasci provocare e interrogare dal libro perché il rischio, nemmeno tanto latente, è quello di ricadere nella cerchia, sempre più ampia, non dei credenti non praticanti, ma dei praticanti non credenti. Ovvero di tanti di noi che ci affanniamo nell’organizzare mille imprese per tenere viva l’associazione e la Chiesa – “entrati forse nell’epoca più drammatica della storia del mondo e della Chiesa” –  ma trascuriamo il fatto che senza la sostanza della nostra fede, faticosa ma da alimentare solidamente, vani saranno tutti i nostri tentativi a confronto con le pervasive chimere del tempo presente. Viceversa, una fede semplice e robusta farebbe miracoli di evangelizzazione. “Nella mia giovinezza era comune sentir dire dai migliori: mi consacro alla Chiesa, mi consacro all’Azione cattolica, … mi consacro al mio vescovo, senza tener conto che non ci si consacra se non a Dio, solo a Dio”.

Dio che viene, Padre, Dio Figlio e Dio Spirito Santo… chiude la prima parte del libro per consentire, nella seconda, di ripercorrere i testi neotestamentari. Un itinerario biblico spirituale necessario: “Il credere che Gesù è Figlio di Dio significa innanzi tutto credere alla Bibbia” afferma perentoriamente fratel Carlo che, negli ultimi capitoli, dopo aver esaltato la venuta quotidiana nell’Eucaristia, entra coraggiosamente nel vivo delle nostre esperienze umane per farci scorgere anche in essa la venuta di Dio: nella storia, nella filosofia, nella cultura, nell’amore umano, nella preghiera, nella Chiesa – “Qunato mi sei contestabile, Chiesa, eppure quanto ti amo!” – nella presenza di Maria e, non ultima, nella sofferenza e nella morte: “Il Dio che viene mi ha ormai conquistato e i mie occhi stanchi di vedere solo le cose di quaggiù sono felici di sorridere a Lui.”

 

Luigi Sparapano




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