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La crisi può farci rinascere? – Campo scuola unitario diocesano

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In Ac siamo portati a interrogarci e insieme proviamo poi a camminare per trovare risposte. Non ci interessa arrivare a soluzioni definitive, ci importa molto più dare avvio a quel processo di ricerca e condivisione che ci fa vivere con passione e coscienza l’appartenenza alla nostra associazione.

La crisi può farci rinascere? È stato l’interrogativo che ha orientato le tre giornate di formazione del campo diocesano semi-residenziale, che si è svolto dall’8 al 10 luglio, presso il Seminario Arcivescovile della diocesi di Bisceglie-Trani-Barletta.

Nella lectio introduttiva di venerdì 8 luglio, don Gianni Fiorentino, assistente unitario, è partito dall’origine della parola ʿcrisiʾ per ricordare il valore di separazione e quindi l’input a una trasformazione che porta l’individuo a cambiare e diventare pienamente ciò che è. Risulta fondamentale andare a fondo di se stessi e cogliere le risorse, i “tesori” senza prendere anche i relitti, per questo bisogna esercitare lo sguardo, in cerca di elementi di speranza. La Presidente Nunzia Di Terlizzi, nell’introdurre il tema del campo e le ragioni che hanno spinto a sceglierlo, ha posto l’attenzione su due dimensioni della crisi nella quale siamo coinvolti: quella educativa e quella relazionale. Ma «questo tempo di emergenze e di incertezze, ci chiede di abitare questa mancanza e più che una resilienza si vuole sottolineare quello che in noi deve nascere: una vera e proprio rinascenza una Resurrezione.»

La seconda giornata è stata dedicata a “ribaltare” la crisi. Siamo stati accompagnati dalla prof.ssa Alessandra Augelli, docente di Pedagogia presso l’Università Cattolica, che ha da subito sottolineato la necessità di «lasciare un margine bianco per far agire la grazia» e considerare il vuoto come spazio in cui interviene la Provvidenza. Tra tensione all’iper-programmazione e vuoto, si inserisce l’imprevisto che rompe la linearità e l’uniformità ed è fonte di creatività. Se la pandemia ha portato con sé fatiche relazionali e anche percettive, ha fatto emergere al contempo alcuni bisogni non sempre esplicitati. Ed è in questa fatica di affrontare solitudine, morte, sofferenza che c’è la possibilità di rinascere. Come ha precisato Alessandra Augelli, se sappiamo ascoltarci bene, anche la relazione con gli altri sarà rigenerata, anche perché «la solitudine ci ha dato più sguardi». Nel pomeriggio abbiamo sperimentato, attraverso laboratori creativi, la possibilità di considerare nuove prospettive, individuare spazi di speranza e immaginazione, lasciare posto alla fiducia, consapevoli che ogni crisi si risolve in una scelta.

Domenica 10 luglio, è intervenuto Michele Tridente, oggi Segretario generale di Ac, che ha subito messo in risalto la capacità dell’associazione di adoperarsi anche nel tempo difficile della pandemia, quando si temeva che certi legami potessero non reggere o risultare comunque compromessi. «Siamo in un tempo di transizione a più livelli, che speriamo sia sostenuta da una conversione personale e spirituale», così, ispirati dal Progetto Formativo di Ac, sarà possibile in ogni caso restare fedeli al Vangelo e non temere gli attraversamenti. Ciascuno di noi deve dotarsi di uno zaino leggero, che contenga l’essenziale, tenendo presente che «l’essenzialità non è ridurre la complessità, ma andare alla radice, alla fonte» e che nei momenti di fatica, quello zaino potrà essere condiviso, secondo quella corresponsabilità che connota l’Ac. È importante vivere questo tempo come un tempo di conversione, in cui «provare a promuovere occasioni di ricerca e di ascolto».

È stato presente nella mattinata della domenica, S.E. Mons. Domenico Cornacchia, che come un buon padre, ci fa sempre sentire il suo affetto e la sua vicinanza. Durante l’omelia, ci ha spronato a fermarci per riprendere fiato, per poi rischiare con il Signore, poiché Lui scommette su di noi e ci invita a prendere il largo.

A fine campo la Presidente ha concluso con una relazione finale che lancia prospettive future, a partire dall’anno che ci apprestiamo a vivere, che sarà caratterizzato dal verbo ʿsperareʾ. Ha precisato alcuni nodi su cui verterà l’impegno dell’Associazione:

– la fraternità, intesa come stile di vita e alleanze da stingere, secondo l’invito di papa Francesco e gli stimoli della 49^ Settimana Sociale dei Cattolici;

– il dialogo intergenerazionale, per evitare allontanamenti o la sensazione di non piena appartenenza a un settore;

– la sinodalità, come vera e propria attitudine.

«È tempo di ritrovare il coraggio e l’audacia, di porsi insieme domande che vanno approfondite e che ci rimettono in cammino, scoprendo la gioia della vita comunitaria per affrontare questa traversata, custodendo l’alba nel cuore e nei sogni».

Il campo è sempre un’occasione di formazione, crescita e incontro, un’opportunità che, soprattutto in relazione al momento pandemico ancora in corso, permette di valorizzare le relazioni e anche il senso di aggregazione e intrattenimento che son parte dell’esperienza.

Susanna M. de Candia

 

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