Quando ieri ha cominciato a circolare la notizia della liberazione di Silvia Romano, i gruppi whatsapp e gli altri social hanno iniziato ad animarsi. La gioia di questa bella notizia necessitava più che mai di verità, di fatti. Suo padre ieri non credeva ancora al 100% alla sua liberazione. E come non comprendere quel pizzico di scetticismo e dubbio dopo 18 mesi di prigionia, di distanza forzata senza possibilità di connessione tecnologica con sua figlia?
E così, oggi, davvero alle 14 Silvia è tornata in Italia, dalla sua famiglia, in un momento istituzionale e mediatico discreto e commovente.
Oggi, nella domenica dedicata alle mamme, Silvia ha riabbracciato la sua e il resto della famiglia. Chissà se la mascherina avrà raccolto le lacrime e se i guanti saranno stati più o meno scivolosi fra i capelli e gli abiti.
Silvia, 25 anni e un sorriso che spacca – le paure e i pregiudizi verso chi ha meno ma dona molto – e unisce – continenti, storie, vite, sconosciuti. Dicono che Silvia si sia convertita all’Islam. Non sappiamo se sia vero, ma a noi non importa. Nell’immediato non importa neanche sapere – prima di aver verificato seriamente – cosa o chi ha portato alla sua liberazione e come.
Silvia c’è. È di nuovo tra noi. È il momento di far festa attorno a lei, per lei e per chi non ce l’ha fatta, al contrario suo. Il suo ritorno è un evento di forte impatto emotivo, in questo tempo segnato da profonda fragilità e incertezza e di forte fiducia nella vita.
Quando ci sentiremo abbattuti o privati delle nostre comodità, perché il ritorno alla normalità dalla pandemia ci chiede qualche attenzione e precauzione in più di come eravamo abituati a vivere, ripensiamo a lei che per circa 534 giorni non ha scelto dove e con chi stare.
Bentornata, Silvia!