L’importanza di chiamarsi Adulti – Lettera aperta della Presidente agli adulti di Ac
8 aprile 2015Cari adulti,
questa lettera aperta è l’occasione per esternare riflessioni maturate dopo anni di osservazione da un luogo ed una prospettiva privilegiati, quali quelli che mi permette di vivere il servizio che sto prestando all’AC, ma anche elaborate grazie al dialogo con tanti di voi, alle esperienze condivise insieme.
Parto da un evento emblematico, che molto mi ha interrogato: 25 marzo, manifestazione cittadina del presidio Libera a Molfetta. Sono quattro anni che questo presidio, anche grazie all’Azione Cattolica, è nato ed è attivo sul nostro territorio. Sono quattro anni che, come succede a livello nazionale, intorno all’inizio della primavera si organizza una semplice manifestazione per dare lettura dei nomi dei morti ammazzati per mafia della nostra Puglia. Sono due anni che tra essi viene nominato anche Gianni Carnicella, sindaco di Molfetta, ucciso nel ’92 sul sagrato della chiesa di S. Bernardino. Bene, anche quest’anno, nonostante le ripetute sollecitazioni del coordinamento cittadino di AC perché vi fosse una nutrita partecipazione dei giovani e degli adulti della nostra Associazione, c’era una sparuta rappresentanza di qualche comunità parrocchiale, forse quattro parrocchie su dieci, con un numero esiguo di adulti ed una maggioranza di giovani.
Mi sono chiesta: perché un adulto non sente l’esigenza di presenziare a questo momento di crescita della coscienza civile, a questo far memoria di morti che hanno scritto, col loro sacrificio, pezzi della nostra storia? Io capisco che a un giovane alcuni di quei nomi risultino ignoti e che altri li conosca per sentito dire, ma per un adulto quei nomi sono legati alla propria vita, alle tappe della propria esistenza, alla consapevolezza politica e storica di sé come cittadino. Chi di noi adulti non ricorda il delitto Moro, o piazza Tien’anmen ? Chi non ricorda la stagione delle stragi dei primi anni novanta, Falcone e Borsellino? Chi non ha viva nella mente la tragedia delle torri gemelle? Questo per sottolineare come inevitabilmente la nostra storia personale si intrecci con quella comunitaria di un popolo, di un Paese, del mondo intero o anche solo di una città, com’è successo per la morte del sindaco a Molfetta. E allora? Come non sentirci interpellati nel nostro senso civico, chiamati al dovere di esserci e dire con la nostra presenza, che non abbiamo dimenticato, che quei morti parlano ancora alla nostra sete di giustizia, al nostro impegno civile e morale di cittadini e cristiani? Già, perché c’è un’aggravante alla nostra assenza, alla manifestazione di Libera come al festival della legalità l’estate scorsa a Terlizzi o agli appuntamenti importanti dell’Osservatorio di Giovinazzo, per fare degli esempi. L’aggravante è dovuta al fatto che siamo cristiani, per giunta di Azione Cattolica. Non voglio fare la predica a nessuno e non posso permettermi di farla, però alcune osservazioni nascono spontanee: com’è che siamo così solerti e partecipativi quando si tratta di manifestazioni sacre o pagane organizzate dalle nostre comunità parrocchiali e – forse – diocesane, e non prendiamo neanche in considerazione l’ipotesi che ci spetta anche, e direi soprattutto, dare una testimonianza in questi contesti civili, dove il nostro vuoto è occupato da altre presenze e la nostra assenza stride con l’identità di una Chiesa in uscita e di un’Associazione che è un tutt’uno col territorio in cui si incarna? Perché siamo così bravi a partecipare a processioni, passioni, sagre, recital e musical rendendo, per carità, un servizio devoto e gratuito alle nostre parrocchie e invece viviamo con assoluta indifferenza ogni occasione che richieda un’adesione ragionata e motivata, un impegno personale – che stenta ancora a diventare comunitario – dettati dalla nostra identità di laici? Siamo adulti, maturi abbastanza per scelte di coerenza e testimonianza, o viviamo nell’eterno limbo dove famiglia-casa-chiesa sono un alibi al nostro non voler crescere, un gigantesco dito dietro cui rifugiarsi per non vedere, non sentire, non parlare, illudendosi che basti essere brave persone per non avere null’altro da rimproverarsi? Un po’ come chi preferisce tenere stretti i talenti che ha, magari sotterrarli, piuttosto che rischiare di trafficarli. Abbiamo il coraggio di stare nelle nostre città e di dire chiaramente da che parte stiamo, vista la catechesi permanente, i cammini formativi, le Messe domenicali ed i ritiri di cui ci nutriamo? E dove mettiamo l’impegno educativo, il dovere della testimonianza? Cosa avranno pensato quella sessantina di giovani presenti alla manifestazione di noi, adulti assenti? Certo ci avranno trovato in parrocchia, a preparare dolci, cucire abiti, allestire scenografie … ma non per strada, a testimoniare loro che è possibile realizzare un futuro migliore, che non sono soli, che quelle persone non sono morte invano. Che esistono adulti che insegnano a fare memoria. Che loro, i giovani, hanno un PRIMA davanti a sé. Che essere cristiani significa costruire la speranza. E’ così difficile da capire la necessità di una nostra presenza più chiara, meno defilata e afona, per i nostri figli e per i nostri giovani? Quando avremo quello scatto di dignità laicale che ci restituirà la nostra significatività di adulti?
La presidente diocesana
Angela Paparella
San Giacomo (Ruvo): «Dovremmo ulteriormente crescere riaffermando il valore dell’impegno laicale»
5 giugno 2015Carissimi
invio breve riflessione condivisa dal ns. gruppo adulti dopo la lettura della lettera di Angela, “L’IMPORTANZA DI CHIAMARSI ADULTI”.E’ una sintesi delle opinioni raccolte all’interno del ns. gruppo (vi sono anche riflessioni di amici non aderenti).
Carissima Angela,
Le tue giuste sollecitazioni ci portano a dover fare una non facile riflessione complessiva sul nostro essere cristiani nel mondo, laici e per di più laici di AC.
Come gruppo adulti di Azione Cattolica della Parrocchia San Giacomo, abbiamo strutturato questa nostra riflessione nel contesto della IV° tappa CONTEPL-ATTIVI del percorso formativo adulti di questo anno associativo (VITA D’AUTORE). L’approfondimento del testo evangelico della trasfigurazione ed in particolare il concetto dello ”scendere dalla montagna” e la maggiore conoscenza dell’ attività di Giuseppe Lazzati, ci hanno messo nelle condizioni di rileggere il tuo scritto con maggiore profondità e provocazione. Quello che qui riportiamo è un po’ la sintesi delle riflessioni raccolte.
E’ spesso forte la “scelta” interiore del non voler vedere, del non voler capire, del non voler approfondire, del non volersi incuriosire e del non voler partecipare. Perché? Non si vogliono dare ora argomentazioni scontate e cadere in banali luoghi comuni. Certo emerge che spesso, in un contesto sociale di per se difficile, in un frenetico vivere e scansionare la giornata tra lavoro (per chi ancora ce l’ha), famiglia, impegni di varia natura, si finisce col rifugiarsi in se stessi chiudendosi nel proprio io, personale e famigliare. Spesso anche nella scelta degli svaghi serali, leggi trasmissioni televisive, si finisce nel cercare cose “leggere”, volendo staccare, tanto e non un po’, la spina dal cervello e rifugiarsi nel semplice pettegolezzo o in banali quanto poco credibili fiction (che poi, chiamandole in italiano, rendono meglio il senso, “finzione”, dal latino fingere). In qualche caso è subentrata una certa “disillusione” dopo le grandi aspirazioni giovanili e i sogni di cambiare il mondo. Altre situazioni vedono laici con grande forza di volontà, plurimpegnati nell’ambito parrocchiale in svariate mille attività (di cui qualcuno in fondo si deve occupare) e che, alla fine, finiscono per sfiancare le poche valide forze in campo. Non si tratta dunque spesso di latitare o eclissarsi. Forse, nel momento in cui un laico accetta di mettersi in “gioco” e rendersi disponibile, lo fa’ a favore della comunità parrocchiale luogo ove si sente più a suo agio. Organizza e armonizza attitudini e tempi in funzione dell’impegno a cui meglio è in grado di rispondere.
Certamente queste considerazioni condivisibili e giuste lasciano però insoluti gli interrogativi posti. Cosa fare? E’ un lungo e continuo percorso di sensibilizzazione e di formazione. Formazione delle coscienze in particolare. La maturazione dell’adulto passa anche nell’acquisire la capacità di mettersi in gioco e andare sempre “oltre”! Oltre le proprie illusioni e disillusioni, oltre la ristretta cerchia di amicizie e conoscenze di sempre, oltre il saper organizzare un campo scuola, un cammino di un gruppo di iniziazione cristiana (che pur non è cosa semplice), il saper cucire vestiti per feste e sagre. L’andare oltre, in un contesto partecipato e condiviso dai nostri assistenti e parroci trovando quel giusto equilibrio nella disponibilità prestata alla comunità parrocchiale, è sicuramente quella ricerca di Chiesa in uscita, di laici cristiani in uscita. La scelta della nostra associazione, di ricercare occasioni di riflessione sui nuovi stili di vita e sul bene comune, è anche un modo per far crescere quei bravi laici aprendo loro orizzonti nuovi, diversi, ma concreti. Su queste tematiche occorre insistere, investendo ancora di più tempo ed energie.
Dovremmo ulteriormente crescere “riaffermando il valore dell’impegno laicale che significa anche confrontarsi con il volto concreto delle persone e abitare quelle prassi partecipative che rendono viva la democrazia nella quotidianità”. Dobbiamo essere in grado di comprendere “che non bisogna temere di sbilanciarsi verso l’esterno per contribuire a un nuovo progetto per la società civile. Dobbiamo meglio saper spiegare e vivere il senso che “ l’impegno religioso va inteso come scelta di frontiera di un laicato orientato a una cittadinanza cristianamente ispirata e laicamente declinata, rilanciando un rinnovato protagonismo della costruzione di un Europa (potremmo dire anche dire società nel ns. caso) delle opportunità, della solidarietà e dell’integrazione” (Il Seminatore uscì a seminare – Orientamenti per il triennio 2014/2017 pag. 12). Nel concludere riteniamo comunque è importante confermare che una realtà educativa come la nostra “ha il dovere di operare all’interno della comunità, indicando un sentiero di crescita della coscienza comune, creando occasioni di confronto e proponendo iniziative mirate a fare opinione e ad accrescere il senso critico.” (Documento finale XV° Assemblea Diocesana – B come Bene Comune).
Salutiamo in Cristo.
Gruppo Adulti AC Parrocchia San Giacomo Ruvo
Cuore Immacolato di Maria (Molfetta): «Sempre sentito vivo il dovere di partecipare»
5 giugno 2015Cara Presidente,
siamo sinceramente rammaricati per la delusione che ci esterni nella tua lettera aperta, a proposito dello scarso impegno sociale di noi cittadini e cristiani di A.C., evidenziato con l’esiguo numero di partecipanti adulti alla manifestazione cittadina del presidio “Libera” del 25 marzo scorso.
E’ vero, noi adulti di A.C. della Parrocchia Cuore Immacolato di Maria, nella suddetta manifestazione, non siamo stati presenti, come invece lo siamo stati in altri momenti significativi per la vita della città e della chiesa, in quanto, diversamente da quanto è apparso, ci sta vivamente a cuore la crescita della nostra coscienza civile e sociale alla pari di quella morale e religiosa. Si potrà, magari, osservare di averci visto partecipare, talvolta, in numero ridotto alle manifestazioni ma, in questo caso, è doveroso anche considerare le varie necessità degli adulti, non escluse quelle di salute, di famiglia, di lavoro.
In linea di massima però, come adulti di A:C. della parrocchia C.I.M., abbiamo sempre sentito vivo il dovere di partecipare, e non pro-forma, anche a manifestazioni pubbliche che fossero di gratitudine e riconoscimento per chi – molfettese o non – avesse lottato anche per noi, e dato la vita, per affermare e difendere il bene grande del rispetto della Legalità.
Circa la “solerzia” con cui prepariamo e partecipiamo a sagre, recital, mercatini e altro, nell’ambito parrocchiale, vogliamo precisare che tali iniziative (che comportano l’impiego di tempi non brevi e di diverse energie, perché collimino i pareri e i vari umori circolanti tra noi), non rivestono carattere prioritario su altre manifestazioni, ma hanno lo scopo basilare di tessere una rete di relazioni sociali, consolidare rapporti interpersonali, favorire una più matura sensibilità verso i problemi sociali, alle cui risoluzioni si potrebbe contribuire personalmente con una possibile crescita culturale che si esprima in stile di vita autentico e sincero, sempre secondo lo stile di una “chiesa in uscita”.
Ma il punto essenziale delle nostre riflessioni, che sentiamo il bisogno di comunicarti è questo:
“delle ripetute sollecitazioni del coordinamento cittadino di A.C. a partecipare alla manifestazione del 25/3/2015”, non abbiamo mai saputo nulla; né siamo stati informati dell’evento, perché neppure gli animatori, che avrebbero dovuto comunicarcelo, ne erano a conoscenza.
Forse, a questo punto, sarebbe opportuno, con tutto il rispetto per chiunque, capire il motivo per cui non abbiano funzionato i canali d’informazione tra la diocesi e la base di A.C.. Ci auguriamo, comunque, che in avvenire, risolti adeguatamente eventuali disguidi, le comunicazioni arrivino alle giuste destinazioni in tempi opportuni.
Ti siamo comunque grati, cara Presidente, per il tuo vivo richiamo ad una testimonianza adulta, più consapevole e significativa nella vita sociale, che accresca in noi una profonda “dignità laicale”, aiuti la coscienza a maturare scelte e atteggiamenti coerenti, e soprattutto sostenga nei giovani la speranza di un futuro più dignitoso, dagli orizzonti più chiari.
Sapremo mettere a frutto lo stimolo ricevuto.
Anche per il tuo personale, esemplare impegno, profuso senza risparmio nella guida dei nostri gruppi di A.C., un grazie sincero e un fraterno abbraccio.I gruppi adulti di A.C. della parrocchia
Cuore Immacolati di Maria – Molfetta
San Giacomo (Ruvo): «Dovremmo ulteriormente crescere riaffermando il valore dell’impegno laicale» | Cuore Immacolato di Maria (Molfetta): «Sempre sentito vivo il dovere di partecipare»
giu 09, 2015admin