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Martedì 16 luglio, ore 2024
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La 2^ giornata diocesana dell’AVE

Attratto da un insolito gusto per la  lettura ….

Passeggiando mercoledì 23 Aprile u.s. nei pressi della villa comunale di Molfetta, scrutato a vista dall’orologio del palazzo vescovile che segna pochi minuti alle ore 19.00, in una normale giornata  infrasettimanale come tante trascorsa a strapazzarsi da una parte all’altra, sul solito posto di lavoro, ad accudire la casa, improvvisamente un ignoto passante si imbatte in un manipolo di giovani in abbigliamento da cucina, altri da sala, altri ancora dareception… L’olfatto – è quasi ora di cena – comincia ad assolvere subdolamente al suo compito e così il nostro, incuriosito, decide di varcare la soglia del maestoso portone vescovile. Incontra subito tavoli imbanditi da fette di pane strofinate con olio extravergine d’oliva ed origano, pomodorini, taralli, mozzarelle, cruditès (verdura cruda), brocche di vino …. Poi continua il giro con circospezione e viva speranza di imbattersi – a questo punto, perché no! – in un banchetto di dolci ma l’ignoto visitatore rimane deluso perché fa un incontro insolito: una tavola imbandita di libri – e, per di più, nemmeno da cucina – fra i quali a bella vista scorge il titolo di un testo dal suono apparentemente contrastante A tavolo con Dio” di Gianni Di Santo (ed. AVE, 2007).

Un interrogativo inizia a correre nei suoi pensieri: cosa c’entra un libro con tutta quella roba da mangiare, la cultura con il gusto alimentare dell’uomo!??

Ormai entrato nell’aula magna – pensando dentro di sé di ricevere da un momento all’altro un assaggio di quanto visto in precedenza – prende posto rimanendo, altresì, incuriosito dalla presenza di una tavola imbandita con una tovaglia come quella che era solita adoperare la nonna, con piatti e bicchieri, una bottiglia di acqua e quattro sedie. Che sarà mai? Comincia la serata, il nostro ascolta (disattento e subito annoiato) i saluti di rito. Ascolta, poi, una suggestiva drammatizzazione di un passo de “A tavola con Dio” che rievoca i tempi ormai andati di una volta e comincia a non dispiacersi di essere rimasto. Ne segue poi una riflessione da parte dell’autore del libro Gianni Di Santo con l’intervento Fabio Zavattaro sull’importanza educativa e formativa dello stare attorno alla tavola, alla mensa, del cibo.

Cosa c’entra la cultura con il gusto alimentare dell’uomo!?? A questo interrogativo di senso si è cercato di dare una risposta durante la 2^ Giornata Diocesana dell’AVE.

La lettura impegna la mente umana e talvolta ci porta ad una revisione di noi stessi. Da una parola, anzi dalla Parola, ha origine l’uomo. Tutto comincia con il Verbum (la Parola) prima del quale tutto era silenzio. Prima della Parola nulla era stato creato. E allora come non essere spinti, guidati dalla lettura che permette di allargare per un momento lo spazio del reale e muovere i passi in posti normalmente lontani, sconosciuti, irraggiungibili? La lettura consente di prendere coscienza del mondo che ci circonda, permettendoci di vivere le vicende raccontate come reali, vere. Ecco la risposta all’interrogativo del nostro.

La storia dell’uomo e quella del cibo, la storia della fede e quella pane hanno avuto spesso itinerari paralleli e/o contigui. Il cristianesimo diede al pane un alto significato elevandolo agli onori dell’altare nel rito eucaristico ed è così che il pane diventa subito, per trasformazione divina, simbolo di comunione e convivialità. Chi mangia il pane con un altro non condivide solo lo sfamarsi bensì inizia con il condividere la fame, il desiderio di mangiare. Oggi, però, la nostra fame non è solo di pane ma anche di parole che escono dalla bocca dell’altro. Abbiamo bisogno della Parola che crea e ci alimenta, capace di darci vita, gioia, serena condivisione nel nostro stare al mondo accanto agli altri uomini e, in particolare, a quanti amiamo. Attorno alla tavola ed alla comunione del cibo impariamo il primo magistero, è lì il luogo che crea unità, dove ciascuno impara a leggere se stesso, dove ciascuno è chiamato a diventare ciò che mangiamo, il pane per l’altro. E non a caso è a tavola che Gesù chiama gli amici, è a tavola che rivela i segreti del Padre. Noi siamo ciò che mangiamo? No, siamo più complessi! E attraverso le pagine leggere ed intense di questo testo si è tratteggiata una pratica di convivialità – oggi spesso, nostro malgrado, poco curata – e si è preso consapevolezza che il cucinare significa dire in anticipo ti voglio bene”.

Su questa lunghezza d’onda si è svolta la discussione della serata stimolata da diversi interventi da parte dei tanti – aderenti di ACI e non – partecipanti. Anche il nostro – come molti dei presenti – voleva esprimere la propria opinione e non lo ha fatto. Sicuramente non alla fine non ha ritenuto inutile fermarsi, osservare, ascoltare…. magari avrà pure acquistato il libro di Di Santo. Di certo crediamo – sommessamente – di aver fatto cosa gradita, di aver aiutato la riflessione dei più sforzandoci di incarnare concretamente lo spirito di queste giornate diocesane dell’AVE: favorire il gusto per la lettura quale fattore indispensabile per la crescita formativa e culturale di ciascuno, mutuando e facendo nostre le parole di B. Pascal: Leggere coltiva ed arricchisce la vita della persona. Leggere è essenziale per pensare”.

Un grazie particolare all’Associazione Cuochi Baresi per la collaborazione nella riuscita dell’iniziativa, all’amico Corrado la Grasta (aderente e presidente dell’ACI della parrocchia S. Achille) per la sua drammatizzazione ed a quanti con il loro silenzioso contributo hanno permesso la buona riuscita della serata.

 

A cura di Michele Sollecito e Mimmo Facchini

A margine della serata abbiamo intervistato il Dott. Fabio ZAVATTARO, giornalista e vaticanista RAI, nonché moderatore della serata per la presentazione del libro “A tavola con Dio”, che di seguito riportiamo:

 

Dott. Zavattaro oggi celebriamo a Molfetta la nostra seconda giornata diocesana dell’AVE con la presentazione del libro «A tavola con Dio» di Gianni Di Santo (ed. AVE, 2007). È proprio vero che «fare cultura» è una questione non solo educativa ma anche di gusto se ricerchiamo nella parola sapere il suo etimo latino: avere sapore, senso del gusto…

Decisamente ci vuole anche gusto per fare cultura. Non a caso si dice che il cristiano deve essere sale e lievito, cioè deve insaporire e deve far crescere, deve accompagnare senza prevaricare i “sapori” e deve far aumentare la capacità di apprendere. E poi da cosa si riconoscono i cristiani? Dallo spezzare il pane, alimento alla cui nascita concorrono la terra, che genera il grano, l’acqua, che serve per impastare la farina, l’aria, che favorisce e aiuta la lievitazione, e il fuoco, che lo cuoce. Terra, acqua, aria e fuoco, i quattro elementi primordiali in cui il filosofo Empedocle vide l’origine del mondo. Il pane dunque come origine della vita e della storia dell’uomo; pane come cultura di un popolo, di una nazione. Il pane si spezza per l’ospite, da porgere con un pizzico di sale. Il pane si offre, così come voleva fare Abramo con i tre angeli che si presentano presso la sua tenda e alla moglie Sara dice: pane non ce n’è più, prendi tre misure di farina, impastala. È talmente cultura il cibo che per noi cristiani l’evento principe compiuto da Cristo prima della sua morte e resurrezione è una cena, l’ultima cena: un tavolo per celebrare la Pasqua ebraica.

 

«Leggere coltiva e arricchisce la vita della persona. Leggere è essenziale per pensare» (B. Pascal). Possiamo ritenere la lettura – e, in particolare, un certo tipo di lettura come quella che veicola la Casa Editrice AVE – un’occasione formativa capace di suscitare e stimolare il lettore nel discernimento personale e comunitario dando valore e significato alle esperienze che la vita quotidiana offre? E perché?

 

Pascal ci dice una cosa importantissima: leggere è vita, è pensiero, è formazione. Certo che i libri dell’AVE sono una valida occasione per stimolare un discernimento personale, per accompagnare una crescita comunitaria. Ma tutti i libri sono “pane” per i nostri denti, per la nostra mente. Leggere è conoscere, è capire, è vivere. Un libro è come un viaggio: ci porta in luoghi che non conosciamo o ci fa scoprire angoli non noti di posti conosciuti. È viaggio che illumina la vita di altri popoli, donne e uomini che magari ci sembrano inferiori, che vorremmo allontanare dalla nostra città o dal nostro paese perché viviamo di pregiudizi. E poi scopriamo che dietro quei volti, quegli sguardi c’è tanta cultura, c’è un mondo che merita di essere scoperto e compreso. Un libro ci aiuta in questo, quasi ci accompagna per mano, ad esempio, a trovare questi nostri fratelli. È la differenza che passa tra Babele e Pentecoste: leggere è conoscere, è capire l’altro, è occasione per trovare punti di contatto, luoghi di incontro.

Nel ringraziarLa per Sua presenza oggi, ricordiamo che da poche ore è tornato dagli Stati Uniti dove ha seguito il viaggio del Santo Padre, Benedetto XVI. A margine può raccontarci alcune Sue impressioni su questo viaggio certamente carico di significato? Crede sia stato importante quest’incontro del Papa con la Chiesa e, in generale, con la società, americana?

Il viaggio di Benedetto XVI negli Stati Uniti è stato certamente un successo mediatico, ma soprattutto è stato un momento di grande crescita per la comunità cristiana americana, e di profonda riflessione per tutti i popoli. Forse possiamo dividere il viaggio in tre momenti diversi: la visita all’America, alla comunità cristiana è stata sicuramente tutta la prima parte della presenza del Papa negli Usa, con le parole pronunciate già in aereo ai giornalisti sulla grande ferita degli abusi sessuali compiuti da alcuni sacerdoti. Poi ci sono stati gli incontri con i giovani e, in particolare, quello di New York ha davvero colpito il Papa che è sembrato sciogliersi come non mai, con questi ragazzi.

Un secondo momento è stato l’incontro con i potenti della terra nel Palazzo di vetro delle Nazioni Unite, discorso per fare memoria della Dichiarazione universale dei diritti umani e per ribadire l’impegno a favore dei popoli e, in modo particolare, dei paesi in via di sviluppo, di quel sud del mondo che come Lazzaro raccoglie dalla tavola le briciole del nord ricco. Per dire che nelle relazioni tra popoli e nazioni deve prevalere non il diritto della forza ma la forza del diritto.

Infine Ground zero, la grande ferita del ventesimo secolo, la follia di un estremismo cieco, le lacrime di uomini e donne che hanno visto sparire in una nuvola di polvere i loro cari. Un buco Ground zero, una lacerazione che tocca, in modi diversi, l’intera umanità. Un tunnel dal quale si può uscire solo ritrovando le ragioni di una convivenza, di un dialogo che metta l’uomo, creato a immagine e somiglianza di Dio, in primo piano.

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